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Immagine del redattorePaolo Arlotti

#ildojoovunquetusia

Ho sempre identificato il Karate in qualcosa da cui potere trovare forza nei momenti più difficili.

L’immagine iconica è quella della roccia al centro del fiume al quale aggrapparsi , con tutte le forze , per evitare di essere trascinati dalla corrente.

Per la maggior parte della mia carriera , come insegnante, mi sono dedicato alla formazione agonistica di molti giovani atleti e atlete riscontrando anche qualche discreto risultato ma ,ora però ritengo che sia più importante provare a posare quella roccia nel percorso di ragazzi molto meno fortunati e che hanno sfide ben più ardue di un campionato.

Ecco perché ho intrapreso un percorso , in collaborazione con L' U.S. Acli di Torino di cui soni il coordinatore regionale settore karate ,dedicato all'inserimento dell'arte del karate nel carcere minorile di Torino Ferrante Aporti.

La mia intenzione é di provare a spiegare a questi ragazzi che un altro modo esiste, che quasi sempre l'aggressività e la violenza non sono le risposte ideali nella soluzione dei problemi .

Il 90 % dei giovani reclusi all'interno del carcere sono extracomunitari e sono minori arrivati in Italia non accompagnati e che immediatamente sono assorbiti da dinamiche fatte di espedienti e micro criminalità.

Spesso dal loro paese fuggono perché attratti da quei falsi messaggi che il mondo occidentale diffonde ,messaggi di una facile possibile ricchezza ,di un benessere fatto di soldi ,belle macchine e riflettori che in realtà non esistono.

Quanto siamo colpevoli anche noi ,quindi ?

Quanta responsabilità ,anche noi, abbiamo nell'avvallare e alimentare questa falsa visione della realtà ?






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